Matteo era stato assunto da poco in una grande azienda di elettrodomestici. Tutto filava liscio, con un unico problema. Era un periodo, per Matteo, di voglie irrefrenabili; si potrebbe dire che era "in calore"... e completamente all'asciutto quanto a ragazze con cui scopare. Non era brutto, ma proprio non ci sapeva fare. Ma il cazzo si drizzava in modo imbarazzante nei momenti più diversi. Così andava a finire che doveva masturbarsi almeno cinque volte al giorno, una vera schiavitù. D'altra parte aveva provato a trattenersi, ma il pensiero del proprio (così pensava lui) cazzo eretto e pieno di sborra lo perseguitava, non lo lasciava libero, e rischiava di non riuscire a concentrarsi e commettere qualche errore nel lavoro. Di conseguenza ogni giorno, in azienda, andava in bagno per almeno tre volte e ci stava chiuso dentro ogni volta almeno mezzora, sparandosi lunghe seghe alla fine delle quali recuperava un po' di lucidità fino al successivo rimontare della voglia, col cazzo in tiro e l'immagine di un grosso cazzo che gli invadeva la mente.
La cosa, cioè il fatto che Matteo stesse tanto tempo al gabinetto, non passò inosservata, come anche il fatto che quando ci andava, e anche in altre circostanze, aveva la patta rigonfia, in modo quasi indecente. Come si sa, nelle grandi aziende le voci circolano più rapidamente che nei paeselli di provincia, e la notizia giunse fino all'ufficio del personale. Moretti, capo di quell'ufficio e grande ruffiano del padrone della ditta, intuì di cosa poteva trattarsi e fece spiare le mosse di Matteo. A Fardelli, investigatore privato, venne dato l'incarico di portare le prove di quello che Matteo facesse durante le sue prolungate assenze. Installata una microcamera in ogni gabinetto, Fardelli in breve riuscì a fornire una videocassetta dove si poteva vedere Matteo spararsi seghe in modo ossessivo e coatto, brandendo un cazzone dalle proporzioni ragguardevoli e infilandosi anche un dito in culo con l'altra mano... Moretti, che ben conosceva le tendenze segrete del padrone dell'azienda, gli fece pervenire la videocassetta, accompagnadola con un laconico messaggio:"Decida Lei cosa fare di con questo nuovo assunto che perde ogni giorno quasi due ore a masturbarsi".
Una mattina Matteo trovò sul tavolo una busta. Conteneva una comunicazione interna della ditta:"Recarsi alle ore 11 dal Presidente per comunicazione urgente e riservata". Matteo non riusciva a capire di cosa potesse trattarsi. Gli balenò l'idea che volessero già promuoverlo ad un incarico superiore, anche se gli sembrava prematuro. Di buonumore, anche se un po' emozionato, si presentò dal Presidente, un uomo sulla quarantina, ben piazzato, sempre vestito in modo impeccabile. Il Presidente lo fece accomodare. Poi chiuse a chiave la porta imbottita e attaccò:
"Lei sa che nella nostra azienda non tolleriamo gli scansafatiche."
Matteo fu subito colto dall'ansia. A cosa si riferiva il Presidente? Dove voleva arrivare? Tacque.
"Lei, caro signor Voltri, è stato assunto da qualche settimana, e già manifesta segni di cedimento..."
"Ma signor Presidente, ho finora svolto il mio lavoro nel modo migliore...!"
Contrariato dall'interruzione, il Presidente arrossì dalla collera e investì Matteo:
"Apri bene le orecchie, stronzetto! Mi riferisco al fatto che tutti i giorni tu passi ore in gabinetto. Hai capito di cosa stiamo parlando? Pensi che io ti paghi per farti seghe?! Si può sapere cos'hai in testa??! Ti comporti come una cagna in calore! Anche adesso, scommetto che stai già pensando a quando prendertelo in mano e menartelo fino a schizzare tutta quella sborra, non è così?"
Matteo era frastornato, ma sentiva contemporaneamente che quel discorso, il tono arrabbiato del suo capo, quel parlare di cazzo e di sborra, gli stavano provocando un'erezione. Quegli insulti lo ferivano, ma coglievano nel segno; effettivamente Matteo si sentiva anormale, sentiva che non era giusto masturbarsi continuamente, ma era più forte di lui; la voglia lo sopraffaceva. Si rendeva conto che la sua eccitazione, in quel momento, mentre veniva duramente rimproverato, era completamente fuori luogo, ma non poteva farci niente. Anzi, si rese conto che la vergogna rinforzava ancora di più l'eccitazione. Balbettò qualcosa di incomprensibile, tanto per prendere tempo, mentre sentiva il cazzo premere contro le mutande.
Il Presidente riprese:
"Come? Non sei neanche più capace di parlare? Hai in testa solo il cazzo e non pensi che a venire! Lo sai che rischi il licenziamento?"
"Ma no, Presidente, non è vero... La prego, mi dia ancora un po' di fiducia..."
"Non è vero, dici? Vediamo! Avanti! ... Tira giù pantaloni."
Matteo era sconvolto. Il Presidente gli stava dicendo qualcosa che andava molto al di là del normale intervento di richiamo per un comportamento scorretto. Gli stava chiedendo di abbassare i pantaloni, e a quel punto avrebbe avuto conferma della sua convinzione sulla totale dipendenza sessuale di Matteo, sul suo desiderio sessuale morboso.
"Sono sicuro che anche adesso ce l'hai duro e ce l'hai già tutto bagnato, proprio come si bagna la fica di una ninfomane quando sente odore di cazzo."
Matteo era terrorizzato, ma non poteva sottrarsi. Il linguaggio volgare del Presidente lo spaventava ma insieme lo turbava sessualmente, gli provocava dei brividi nel cazzo. Si slacciò la cintura e abbassò i pantaloni. Le mutande erano effettivamente bagnate di liquido prespermatico e il cazzo era teso all'inverosimile e rizzava le mutande in modo osceno. A quella vista il Presidente si eccitò a sua volta. Matteo vide chiaramente un'erezione poderosa profilarsi sotto i suoi pantaloni, e sentì che il proprio cazzo stava eruttando altro liquido trasparente.
"Giù quelle mutande, maiale!" ordinò il Presidente.
Matteo obbedì, scoprendo con vergogna il suo cazzo granitico che colava il liquido testimone dell'eccitazione più sfrenata.
"Ecco! Sei proprio come pensavo. Irrecuperabile. C'è una sola cosa da fare... Soddisfare le tue voglie represse. So io di cosa hai bisogno. Lascia fare a me. Apri le gambe e appoggiati alla scrivania"
Matteo, orami completamente soggiogato, assunse la posizione richiesta, piegandosi in avanti, con mutande e pantaloni i pantaloni tirati in basso e mostrando quindi il culo ben divaricato. Vide che il Presidente si portava dietro di lui.
Sentì una frustata arrivargli sulle cosce.
"Apri di più le gambe, troia!"
L'insulto gli provocò una contrazione nel perineo, con altra fuoriuscita di liquido dal cazzo.
Una cinghiata sul culo.
Una in mezzo alle chiappe, che gli fece rilassare i muscoli del buco. Poi sentì che il Presidente gli stava lubrificando l'orifizio anale. Intanto dal proprio cazzo, piegato verso il basso per la posizione contro la scrivania, sentì colare ancora presperma. Era eccitatissimo.
"Ora sei pronto, bastardo: prendilo tutto senza fiatare"
Matteo sentì il cazzo turgido e caldo del Presidente salirgli lentamente su per il culo, e capì finalmente di cosa aveva tanta voglia quando gli veniva duro: aveva voglia di questo, di essere penetrato, posseduto, impalato dal cazzo di un maschio dominante.
Mentre il Presidente lo montava con foga, affondandogli ritmicamente il cazzo in culo, Matteo, senza neanche toccarsi, sentì il godimento salire fino a che la sua sborra esplose a fiotti e non riuscì a trattenere un forte grido di piacere.
Dopo poco il Presidente estrasse il suo arnese, fece inginocchiare Matteo davanti a sé e gli inondò la faccia di sperma, dicendogli: "D'ora in avanti, se non vuoi essere licenziato, tutti i giorni vieni qui a farti inculare e a ciucciarmi il cazzo". "Certo, Presidente" e Matteo, mentre ripuliva con la lingua il cazzo del Presidente, capì di aver sempre desiderato di essere sottomesso da un maschio, e fu grato al Presidente di averglielo fatto capire.