Disclaimer: This story is fiction. All persons depicted are just names, all actions are fiction. It deals with sex between consenting males. Any person under 18 or if you find this type of story offensive, or viewing this material is illegal where you are, then please do not read it! [Encounters][Non-English]
Durante la cena Amir fu più taciturno del solito. Tanto che il padre cercò di capire cosa avesse. Lui dal canto suo rispondeva solo con dei mono sillabi. Una volta sparecchiata la tavola andò in camera, usando come scusa il fatto che doveva studiare. Si mise alla scrivania con il libro aperto ma la sua mente era altrove. Era ancora sconvolto per quello che era successo in quella cantina.
Una volta scoperto, Murad gli aveva fanno cenno di avvicinarsi. Voleva scappare ma i due dietro di lui gli sbarravano la strada. Con il cuore in gola si diresse verso il fratello. Non appena arrivato a portata, chiuse gli occhi aspettandosi di essere colpito. Invece lo sentì pronunciare queste parole:
"Questo è il mio fratellino. Ora lo devi succhiare anche a lui."
Capì che Murad si stava rivolgendo all'italiano che ubbidendo si girò verso di lui. Era la prima volta che Amir vedeva il membro del fratello e si stupì di quanto fosse grosso. Dalla punta scoperta colava un lungo filamento di saliva. Muovendosi sulle ginocchia il ragazzo si avvicinò. Sentì il sesso tornargli duro. L'altro gli abbassò i pantaloni della tuta e le mutande. Poi, senza tante cerimonie, lo prese in bocca. Fu travolto da un turbinio di sensazioni. Ogni volta che sentiva la lingua sul frenulo avvertiva un brivido di piacere.
I due dietro di lui si misero a ridere. L'idea di farsi fare un pompino da un maschio lo metteva un po' a disagio, così chiuse gli occhi e finse che si trattasse di una ragazza. Senza volerlo iniziò a muovere il bacino avanti e indietro. Quando fu sul punto di venire lo spinse in profondità eruttandogli in gola. Riaprì gli occhi e vide Murad con in mano il cellulare. Quando capì cosa stava facendo fu colto dal panico.
"Tranquillo, lo teniamo per la nostra collezione privata. Ora sparisci."
Non se lo fece ripetere due volte. Tornando a casa non poteva fare a meno di pensare al fatto che il fratello aveva un video nel quale si faceva succhiare l'uccello da un ragazzo. Era terrorizzato all'idea che qualcuno potesse vederlo. Soprattutto i suoi genitori. Durante la serata ricevette un SMS da Luca ma lo ignorò.
[***]
La mattina dopo Petru non era venuto scuola. Luca si accorse che Amir aveva qualcosa che non andava. Era stranamente taciturno e ogni volta che gli rivolgeva la parola rispondeva in modo sgarbato. Durante l'intervallo lo vide leggere un SMS sul cellulare. Gli chiese se per caso fosse Petru ma l'amico, senza tanti giri di parole, gli disse di farsi gli affari suoi.
Alla fine delle lezioni Amir prese le sue cose e se ne andò senza aspettarlo. Così Luca decise di passare da Petru per vedere se stesse bene. Quando suonò il campanello gli aprii la madre.
"Buon giorno signora, Petru è in casa?"
"No. Non è ancora tornato da scuola."
Evitò di dirle che in realtà non era andato. Poi si ricordò delle scarpe e le usò per giustificare la sua visita.
"Ero passato per prendere una cosa che ho lasciato ieri."
Si ricordò di aver lasciato il sacchetto in camera e fu un po' sorpreso di trovarlo sotto il letto. La signora che solitamente era molto cordiale, quel giorno non sembrava incline all'ospitalità. Di solito gli chiedeva se volesse qualcosa da bere, questa volta lo stava attendendo sulla soglia di casa, come per dirgli di andarsene. Capita la situazione non perse tempo, la salutò e si avviò.
Dopo pranzo prese il sacchetto per riporre le vecchie Adidas nella loro scatola. Tolse il coperchio e non le trovò come le aveva riposte. Capì subito che Petru doveva averle toccate. La cosa in sé non gli diede fastidio ma vide che la carta velina si era attaccata alle scarpe. Per staccarla fu costretto a romperla.
Mentre con l'unghia cercava di togliere la carta residua sulla tomaia, iniziò a porsi delle domande. Non era geloso delle sue cose e di certo non si faceva problemi: quando si trattava di Petru o Amir. Tuttavia gli sembrò strano. Forse l'amico aveva deciso di provarle. Non era un segreto che gli piacessero quel tipo di scarpe, eppure questo non spiegava come mai la carta si fosse appiccicata. L'unica spiegazione era che fossero bagnate quando le aveva rimesse nella scatola.
Scartò subito l'eventualità di una pozzanghera perché il giorno prima non aveva piovuto. Fu a quel punto che gli balenò in testa un'idea assurda. Le mise sulla scrivania e iniziò ad osservarle attentamente. Le conosceva fin troppo bene. Per lungo tempo le aveva considerate un simbolo di virilità e in quanto tali, a volte erano state al centro delle sue fantasie erotiche. Quando poteva si spogliava e indossandole senza calze, si masturbava davanti a un video porno. Gli era capitato anche di eiacularci dentro, per poi rimetterle finché non erano asciutte. Gli davano una sensazione di potere sessuale e per questo, solo dopo tante insistenze da parte di sua madre, aveva deciso di cambiarle. Secondo lei erano troppo rovinate e sporche per indossarle a scuola.
Se le passò tra le mani esaminandole con cura. Notò che alcune delle vecchie macchie erano scomparse, come se qualcuno le avesse pulite. Eppure trovò un residuo giallastro dove la pelle si attacca alla suola. Lo scalfì con l'unghia, aveva la consistenza del caramello. Non gli ci volle molto per sospettarne l'origine e quando provò a sentirne l'odore ne ebbe la conferma. Petru aveva eiaculato sulle sue scarpe. Una persona normale si sarebbe arrabbiata. Lui invece interpretò quel gesto come una manifestazione di intimità molto forte e decise di lasciarle come erano.
[***]
Dopo pranzo Amir arrivò all'indirizzo che il fratello gli aveva scritto nel messaggio. Trovò davanti all'ingresso uno degli amici di Murad che lo stava aspettando. Senza dire una parola gli fece cenno di seguirlo. Entrarono nel cortile di una vecchia fabbrica abbandonata. Attraversati diversi capannoni fatiscenti, giunsero in un'officina, dove Murad stava parlando con due ragazzi più o meno della sua età. Questi diedero al fratello dei soldi e lui in cambio gli passò alcune bustine di carta. Una volta messe in tasca si dileguarono senza salutare.
"Ciao, ho bisogno che tu mi faccia un favore."
Non solo il fratello faceva sesso con altri uomini ma era anche uno spacciatore. Per la prima volta comprese cosa intendessero i suoi genitori, quando dicevano che Murad aveva preso una brutta strada.
"Che favore?"
"Devi consegnare una cosa alla sala giochi. Nasser ha detto ai miei amici che se ci torniamo chiamerà la polizia."
Con un coraggio che non pensava di avere rifiutò. Il fratello tirò fuori il cellulare e fece partire il video che aveva registrato la sera prima. Si sentivano chiaramente i suoi gemiti di piacere.
"Questi apparecchi funzionano proprio bene. Potrei condividerlo su Facebook o mandarlo a papà. Cosa ne dici? Credi che ai tuoi compagni di scuola piacerà?"
Amir avvertì una morsa allo stomaco e scoppiò in lacrime. Era un pianto di frustrazione e rabbia. Non poteva immaginare che il fratello potesse essere così bastardo.
"Piantala di frignare come una troietta. Sei minorenne. Se ti beccano non possono farti niente e poi comunque ti pago, mica lo fai gratis."
Murad si avvicinò e gli mise in mano due bustine di carta e un biglietto.
"Il tizio ti aspetta verso le tre, se dovessero esserci problemi chiamami. Lo riconoscerai di sicuro, è quello che ieri ti ha succhiato il cazzo. Questa volta però digli che deve pagare."
Amir indietreggiò come per andarsene.
"Dove cazzo vai!? Non ti ho ancora detto quanto deve darti!"
[***]
Quella mattina Petru non era dell'umore giusto per andare a scuola. Tornata dal lavoro, la madre gli aveva detto che il padre se ne era andato. Per tutta la notte l'aveva sentita piangere nella sua camera. Era furioso e aveva una gran voglia di spaccare qualcosa. Sapeva che le cose tra i suoi genitori non andavano bene ma non avrebbe mai immaginato che un giorno si sarebbero separati. Oltre tutto il padre aveva preso quei pochi soldi che c'erano sul conto corrente, lasciandoli al verde.
Arrivato ai giardini pubblici si sedette su una panchina, cercando di non pensare a quanto era successo. Ben però presto si rese conto di non riuscirci. Sua madre gli aveva detto di non preoccuparsi e che in un modo o nell'altro se la sarebbero cavata. Petru sapeva bene cosa significava. Lei, oltre al lavoro serale, doveva trovarsi qualcosa da fare anche di giorno. Si sentiva impotente e arrabbiato con il mondo intero.
Quel bastardo di suo padre li aveva abbandonati, probabilmente per correre dietro a qualche donna. Se un giorno lo avesse incontrato di nuovo, probabilmente gli avrebbe spaccato la faccia. Rimase seduto per un paio d'ore ma faceva troppo freddo. Decise di andare a Mc Donald's per scaldarsi un po'. Lì nessuno gli avrebbe chiesto di consumare qualcosa per restare al chiuso.
Arrivato scelse un tavolo d'angolo, lontano dal bancone e dall'ingresso. Ogni tanto passava qualche inserviente che lo guardava con aria interrogativa, senza però rivolgergli la parola. Il locale si riempì poco dopo mezzogiorno: principalmente studenti e lavoratori in pausa pranzo. Al tavolo accanto si sedettero quattro ragazzi italiani un po' più grandi di lui. Uno di loro iniziò a fissarlo con una certa insistenza. Petru se ne accorse e guardandolo disse:
"Che cazzo vuoi?"
Il tono della sua voce era più alto di quanto volesse, perché tutti quelli intorno smisero improvvisamente di parlare. L'altro fu colto alla sprovvista ma poi gli rispose a tono. Ne nacque un diverbio abbastanza acceso, tanto che uno degli inservienti si avvicinò per capire cosa stesse succedendo. Petru e i quattro si erano alzati, come se di lì a poco dovesse scoppiare una rissa. Lui era talmente accecato dalla rabbia, da non considerare il fatto di essere in netta inferiorità numerica.
Ormai tutti i presenti li stavano fissando. L'addetto gli diede una rapida occhiata e decise che il modo più semplice per risolvere la questione, era invitare Petru a lasciare il locale. Mentre si avviava verso l'uscita sentì uno dei quattro dire che si tanto lo avrebbero ribeccato. Una volta in strada si rese conto di aver rischiato grosso. Con le gambe molli si allontanò, pensando a un altro posto dove passare il tempo.
Non se la sentiva ancora di tornare a casa, così preferì dirigersi verso la sala giochi di Nasser. Cambiò qualche gettone e per ammazzare il tempo si mise a giocare. Una volta tanto non doveva aspettare che qualcuno finisse la propria partita. A parte tre ragazzi che come lui avevano marinato la scuola, non c'era nessun altro. Nasser li guardava da dietro il bancone senza nascondere il suo disappunto. Sapeva bene che loro quattro non dovevano trovarsi lì. Tuttavia si astenne dal fare commenti e Petru ne fu sollevato.
Dopo un po' entrò nella sala giochi un ragazzo ben vestito. Un italiano con mocassini, jeans, camicia sbottonata e giacca di pelle. Portava un paio di occhiali da sole un po' ridicoli e diversi braccialetti al polso destro. Si guardò intorno a lungo e poi si avvicinò al distributore automatico. Passò quasi un quarto d'ora lì davanti, come se non sapesse cosa prendere. Rispetto a chi abitualmente frequentava quel luogo era troppo grande ed elegante. Quando l'attesa divenne sospetta infilò due monete nella macchinetta e prese una lattina.
La cosa suscitò la curiosità di Petru che terminata la sua partita, decise di vedere cosa avrebbe fatto. In quel momento entrò Amir. Il ragazzo con gli occhiali da sole, cercando di non farsi notare, gli rivolse un cenno di saluto. Conosceva l'amico a sufficienza per capire che era nervoso e ne ebbe la conferma quando i loro sguardi si incrociarono.
"Che cazzo ci fai qui!?"
Pur non essendo dell'umore giusto per tollerare quei modi, Petru cercò di controllarsi. Amir, senza lasciargli la possibilità di rispondere, lo afferrò per un braccio cercando di trascinarlo via. Lo assecondò, ben sapendo che in caso contrario non avrebbe avuto alcuna speranza di smuoverlo. Lo portò nei bagni.
"Chi è quel tizio?"
Petru aveva capito che la reazione dell'amico era legata a quello che lo stava spettando. Una reazione simile non poteva dipendere dal fatto che lui avesse marinato la scuola. Amir esitò.
"Quale tizio?"
"Lo sai benissimo. Quello che ti sta aspettando di là."
Prima che Amir potesse raccontargli una scusa plausibile. Per esempio che era lì per acquistare un cellulare, l'italiano entrò nel bagno. I tre si fissarono per qualche istante senza parlare.
"Ciao, facciamo qui o preferisci uscire?"
A questo punto Petru era certo che i due avessero un appuntamento. Il tono cospiratorio lasciava intendere a qualcosa di segreto. In tutta fretta Amir rispose:
"No, aspettami fuori. Arrivo subito."
Prima di andarsene l'altro guardò lui e Amir a lungo. Quel tipo di sguardo che non lasciava molto spazio alle speculazioni. Amir stava sudando freddo e tremava. Il rischio che quell'altro potesse dire qualcosa di compromettente, gli aveva fatto gelare il sangue nelle vene.
"Sto facendo un favore a mio fratello."
Petru, ormai incuriosito, uscì dal bagno poco dopo. Guardando dalla vetrina vide Amir e l'altro allontanarsi a una certa distanza l'uno dall'altro. Decise di non seguirli. Tanto prima o poi l'amico avrebbe raccontato a lui e a Luca cosa stava succedendo. Usò il suo ultimo gettone e una volta finita la partita guardò l'orologio.
Era ora di tornare a casa. Salutò Nasser e si diresse verso casa.